FORMAGGI DELLA LOMBARDIA
Il progetto di narrazione collettiva Formaggio All’assaggio non poteva assolutamente fare a meno di Valentina Bergamin, narratrice dei formaggi della Lombardia.
Milanese, vincitrice del concorso nazionale Miglior Assaggiatore Onaf 2019, Valentina lavora presso Formagni, formaggeria con sala degustazione ed e-commerce, dove dà il suo contributo nella selezione dei formaggi e conduce degustazioni guidate.
È una collega molto preparata e una persona con cui amo avere momenti di confronto, nonostante mi abbia battuta al concorso 😀
Ecco cosa ci ha detto in merito alle sue preferenze in tema di formaggi.
– Qual è il formaggio della tua zona al quale sei più legata per motivi sentimentali e perché?
«Oggi la mia risposta potrebbe essere diversa da quella di domani! Non sono sentimentalmente legata a nessun formaggio in particolare come è vero però che cerco riparo e conforto in tutti i formaggi! Della mia zona e non… Non so da cosa sia dettata questa mia caratteristica ma il formaggio per me rappresenta quel calore capace di regalarti un sorriso in un momento triste. I suoi aromi (i lattici quasi sempre in pole position) e la sua struttura così ricca sono un tuffo nel passato, quando la spensieratezza albergava pacifica in ogni momento della mia giornata».
– Quale formaggio preferisci mangiare “assoluto”? E quale preferisci usare nelle preparazioni gastronomiche?
«Un morso in purezza è il mio inchino, il doveroso segno di rispetto per tutti i tipi di formaggio, anche quelli destinati alle mie ricette. Che non sono diversi da quelli che uso per le degustazioni. Li scelgo utilizzando gli stessi criteri, parlare di “qualità” è troppo riduttivo. I piatti che cucino e che prevedono l’utilizzo di un formaggio hanno una caratteristica comune: semplicità! Il cacio non viene nascosto né mascherato, ma assolutamente valorizzato!».
Formaggi della Lombardia
di Valentina Bergamin
Nascere a pochi passi dalla Cheese Valley, nella regione che ha all’attivo 14 formaggi DOP, numerosi Presidi Slow Food e PAT, ha certamente facilitato il mio percorso personale e professionale.
I formaggi di cui vorrei parlarvi sono veramente speciali! Ognuno ha una caratterista peculiare che lo rende, oltre che estremamente riconoscibile, anche profondamente legato al territorio dove viene realizzato.
Il Taleggio, con la sua crosta color del sole al tramonto, è uno tra i formaggi DOP più famosi e apprezzati anche all’estero.
Il Salva Cremasco DOP, la sua forma così particolare, annovera solo 9 produttori ed è poco conosciuto perfino nelle vicine regioni d’Italia; e il Bagoss, una PAT con una meravigliosa storia, meravigliosa come il panorama del piccolissimo lenzuolo di terra dove viene prodotto.
Salva Cremasco DOP
Il Salva Cremasco DOP è un formaggio a latte vaccino intero, a pasta cruda e a crosta lavata.
“Salva” viene da salvare le eccedenze di latte; fa parte infatti della famiglia dei formaggi “stracchini”: da latte di vacche stanche, sottoposte a movimento, durante la transumanza.
Un tempo in inverno il latte veniva utilizzato per la realizzazione di formaggi a medio/breve stagionatura utili a soddisfare il bisogno della famiglia durante la stagione fredda; in estate, in montagna, quelli considerati più preziosi, destinati a lunghi periodi di maturazione.
Il Salva Cremasco ha forma parallelepipeda a base quadrata, la crosta è rugosa, marchiata e “fiorita” di una moltitudine di colori, dal marrone chiaro a scuro, grigio, bianco e giallo.
La stagionatura dura dai 75 giorni in su; grazie alla maturazione centripeta il cuore della pasta è più friabile, mentre il sottocrosta è più compatto e solubile.
Al naso (ma si riconferma all’assaggio) si avvertono aromi di latte cotto, burro fuso e sottobosco, fungo secco, terra bagnata, legno; il tutto si accentua con il protrarsi della stagionatura.
Un formaggio poco conosciuto, un’eccellenza lombarda da valorizzare… da salvare!
Taleggio DOP
È uno tra i formaggi più riconoscibili al mondo grazie alla sua forma, parallelepipeda a base quadrata, e al colore della crosta, rugosa, fiorita di una moltitudine di muffe nate grazie ai frequenti lavaggi a cui viene sottoposto durante la stagionatura.
Dalla grande famiglia degli stracchini, fiore all’occhiello della cultura casearia lombarda, è una DOP originaria della Val Taleggio, appunto.
La produzione è regolamentata da un disciplinare che offre poche variabili oltre alla scelta in merito al trattamento termico del latte.
Eppure c’è Taleggio e Taleggio!
Ma se l’alimentazione delle lattifere, la tecnologia, gli ingredienti, i tempi di maturazione e le istruzioni per i “lavaggi” devono essere comuni a tutti i produttori perché esistono Taleggio così diversi?
La magia è da ricercarsi nell’unica componente che non può essere omologata… la sensibilità del casaro! È qui che l’uomo fa la differenza, qui la mano diventa determinante. È qui che l’uomo dà il suo contributo, qui un caseificio diversifica un formaggio da un altro… anche se una DOP. Perché una cosa è rispettare un disciplinare, un’altra è liberare estro, passione, conoscenza ed esperienza. Così crei diversità… dando voce all’artista! E allora giocando con l’acidificazione del latte, l’uso degli starter, ambienti carichi di storia e il tocco… quelle carezze che suggeriscono quando è il momento di spugnare… conferisci identità… raggiungendo l’eccellenza!
Bagoss PAT
Definire il concetto di terroir è cosa ardua, lo sa bene chi lavora tra vigneti o con le mani immerse nel latte.
Un esempio può venirci in aiuto: il Bagoss.
Che non nasce solo in un territorio veramente circoscritto, un piccolo comune nascosto dalle Alpi in provincia di Brescia, ma riesce a trattenere sotto la sua crosta liscia e lucida color dell’ambra usi, costumi, gesti, tradizioni e cultura di un luogo.
Bagoss è l’anima di Bagolino: è la sua storia, la sua gente, i suoi profumi.
La pasta, dura, di un bel giallo dorato esprime vivacità… Ma non solo. Quel giallo così carico è frutto di un’influenza, di un passaggio, di culture che hanno lasciato un segno.
La leggenda narra che, durante il XVI secolo occupati dalla repubblica veneziana, i Bagossi (in dialetto Bagoss, gli abitanti di Bagolino) pur di compiacere il Doge abbiano scelto di arricchire la cagliata di un pizzico di zafferano, regalando un aspetto ancora più prezioso al formaggio, degno di un Capo di Stato. Zafferano, una spezia che nulla ha a che vedere con Brescia e il suo territorio, ma il cui uso si è diffuso proprio grazie ai veneziani che via mare commercializzavano merci da ogni parte del mondo.
Il Bagoss ha la crosta del color dell’ambra, liscia, untuosa e marchiata sullo scalzo dai numeri identificativi della forma e una genzianella. La pasta è dura, rigida, spesso occhiata, anche se “i buchi” sono radi e di piccole o medie dimensioni, giallo carico, dorato per la precisione.
Lo zafferano, aggiunto alla cagliata, non solo si vede ma si fa anche sentire, tra i profumi e gli aromi spicca senza nascondere il latte caldo, il fumo, l’erba fresca e il brodo vegetale. Sensazioni che amalgamandosi, all’assaggio, trasformano il formaggio in un delizioso primo piatto caldo e profumato. Quasi un risotto alla milanese… ma poco mantecato! Perché il latte, crudo, da vacche libere di pascolare in Val Caffaro o d’inverno alimentate ad affienato proveniente dallo stesso territorio, viene “spannato”, privato di parte del suo grasso, così che la struttura del Bagoss risulterà rigida, dura, mai adesiva, mai untuosa. E la bocca pulita difficilmente sarà sazia, chiederà continuamente di immergersi nel vortice di emozioni suggerite dall’assaggio, morso dopo morso, sempre più giù, sempre più vicini, verso il cuore, l’anima di uno tra i formaggi più rari e rappresentativi del nostro fantastico patrimonio caseario: il Bagoss.
Valentina Bergamin
https://blog.giallozafferano.it/formaggiofaidame/
Tutti gli scatti sono di Valentina Bergamin.
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